FLAVIA PASSIGLI

Qual è il tuo settore artistico? E scegli tre parole che descrivono il tuo lavoro.

Il mio lavoro si colloca in un’area di confine tra sound art, sound design, performance e musica. Come sound artist le mie pratiche principali sono il field recording, istallazioni audio visive, soundwalks, performance, e ciò che congiunge queste cose è poi l’interesse per l’ascolto – sto aprendo un percorso sulle pratiche di ascolto. Come sound designer collaboro con compagnie di danza e teatro contemporaneo, come violoncellista lavoro soprattutto in situazioni performative e sto iniziando a collaborare con qualche compositore di musica elettronica.
Ascolto, dispositivo, materia

Quali sono le tematiche maggiormente affrontate nelle tue opere? E quali figure o movimenti artistico-culturali ispirano ciò che fai? 

Ultimamente sto lavorando su una serie di progetti che mettono a centro il paesaggio e l’ecologia. Poi ritorna sempre l’ascolto di ciò che c’è, più che produrre qualcosa di nuovo. Il punto è sempre quello di partire da ciò che già c’è.
Delle figure che mi ispirano sono Tim Ingold, ha scritto un libro che si chiama Making, James Bennet autore di Matter ed Emanuele Coccia.

Con quali spazi del territorio fiorentino ti relazioni e qual è il rapporto che hai con altri artisti locali?

Il lavoro musicale lo faccio o in casa o da persone che hanno studi in casa. Le residenze sono molto necessarie nell’ambito teatrale e performativo, ma dal punto di vista musicale non sento troppo questa esigenza.
Ho vissuto molto all’estero fino ad adesso, quindi Firenze non l’ho ancora incontrata davvero. Collaboro con Niccolò Presenti da un annetto e sono socia fondatrice di Neutopia che si occupa di residenze con artisti in dei luoghi disabitati. E’ un progetto iniziato in Veneto. Poi con Lucia Palladino ho appena fatto una residenza a Santarcangelo e inizierò a collaborare con un amico anche lui  appena tornato a Firenze, è un danzatore e si chiama Alessandro Marzotto. Sto collaborando anche con Giacomo Riggi di Livorno che è un compositore.

Che strumenti o materiali utilizzi?

Utilizzo violoncello e microfoni molto piccoli e omnidirezionali, li uso tantissimo. Si possono usare come binaurali e ti permettono di ascoltare in una maniera molto molto simile alla realtà. Sono molto piccoli e li posso inserire in luoghi altrettanto piccoli dove l’orecchio non potrebbe arrivare. Se li metto alle mie orecchie l’altra persona ascolta come ascolto io.
Uso bottiglie, oggetti che trovo con diverse qualità sonore, damigiane. Se devo usare dei suoni uso solo dei suoni che registro e quello mi aiuta a mandarli. Uso poi anche il video, controller digitale e tutti i programmi di Adobe per la post produzione sia audio che video.

Qual è il tuo rapporto con il mezzo e lo spazio digitale? In che modo le tue opere ne sono influenzate?

Dovrei usarlo di più ma faccio molta fatica. L’unica cosa che ho fatto sul digitale come progetto è stato un soundwalk che ho fatto in collaborazione con Edoardo Mazzanga quando è iniziato il lockdown. Io stavo a Bruxelles lui a Milano e abbiamo iniziato a comporci una serie di istruzioni e tracce sonore che ascoltavi mentre uscivi di casa e succedevano delle cose. Era un gioco che abbiamo iniziato a fare e ci interessava la sovrapposizione sonora di due città e trovare un modo di esplorare in luoghi diversi, il tragitto da casa al supermercato, in un modo più creativo. Questo progetto l’abbiamo realizzato in digitale grazie anche all’aiuto di un webdesigner, il soundwalk te lo puoi scaricare e l’idea, che non è stata ancora realizzata, sarebbe quella di sviluppare un sistema digitale per cui si creano delle interconnessioni tra diverse città. Poi ho suonato, ho fatto delle cose rimandando dei suoni in digitale, per un collettivo.
Comunque la mia produzione non è stata intaccata dal digitale, sicuramente faccio più progetti video di prima. Però non riesco a traslare il mio lavoro sul digitale, a parte che per i soundwalk. Il video è uno strumento, un supporto documentativo di quello che faccio.

In che modo la dimensione fisica e digitale interagiscono nella tua produzione artistica?

Non entrano molto in relazione tra loro.