BRUCIO

Qual è il tuo settore artistico? E scegli tre parole che descrivono il tuo lavoro.

Mi occupo di arte visiva per la maggior parte, musica e fumetto – se si può definire arte visiva anche quello, ma è anche narrativa. Le tre cose poi nella mia produzione si fondono. I testi delle canzoni diventano fumetti, i miei quadri diventano le ambientazioni per i miei fumetti, musico i fumetti proietettati al muro. Come musicista mi chiamo DAI/DIE, sottotitolo: 610 666
Psichedelia, paranoia, narrazione

Quali sono le tematiche maggiormente affrontate nelle tue opere? E quali figure o movimenti artistico-culturali ispirano ciò che fai?

Le mie tematiche sono spesso oscure e paranoiche, per cercare di capire attraverso la fantasia cose che non si possono capire altrimenti. Mi piace la trasfigurazione della realtà attraverso la fantasia, come cercare di vedere qualcosa che non riesci a vedere realmente. La mia arte spesso vuole esorcizzare tematiche profonde.

Con quali spazi del territorio fiorentino ti relazioni e qual è il rapporto che hai con altri artisti locali?

Tutto per me è nato al MAY DAY (Festival di Autodproduzione che è durato circa 10 anni). Ho cominciato a venire a Firenze per Inchiostri Ribelli all’Emerson, poi organizzato in altri spazi sociali di Firenze. Mi è venuto spontaneo, da autodidatta, inserirmi nei contesti di autoproduzione perchè uno può parlare di qualsiasi cosa senza autocensurarti, perchè alla fine quello è il punto della censura, la censura è quella che tu fai a te stesso in base agli spazi in cui vai. Nei centri sociali mi sentivo meno limitato. Adesso faccio parte dell’Associazione Three Phases. Anche qui casi di censura e autocensura pochissimi, considerando che è una rivista gratuita che va in mano di tutti, ma che ha anche una redazione, di solito ci pensi un attimo prima di capire cosa pubblicare. Ho avuto pochissime esperienze con gallerie. Di mostre ne ho fatte un po’ al Java.
Quelli con cui ho collaborato di più appena sono venuto a Firenze sono quelli di Three Phases, Federico Bria con cui si è creata una simbiosi artistica, poi ho collaborato col Daretta. Adesso sto collaborando anche con Samuele Alfani per un fumetto. Lui è un regista, ha scritto la sceneggiatura. Lo porteremo al Festival della letteratura sociale in Polveriera. Per la musica abbiamo fatto uscire un disco quest’anno. Con Three Phases organizziamo spesso spettacoli che uniscono musica e racconti delle riviste letti da Chiara Francioni e Ottavio Labotta.

Che strumenti o materiali utilizzi?

Lo scotch, il taglierino, l’acrilico e il legno. Ho una maniera di produrre che è simile ai livelli di photoshop, ma analogica. Faccio i livelli ritagliando pezzi di scotch e continuo a pitturarci sopra. Per i fumetti uso pennarelli a caso con carta a caso. Per la musica utilizzo la Korg (analogica) e la chitarra con gli effetti. Per la post produzione utilizzo programmi del computer come Photoshop e poi proiettore per proiettare i fumetti.

Qual è il tuo rapporto con il mezzo e lo spazio digitale? In che modo le tue opere ne sono influenzate?

Nelle produzioni uso molto il digitale per la post produzione: per ciò che manca tra il disegno e la stampa, o tra la registrazione e la musica.
Per quanto riguarda la diffusione invece ho un rapporto schizofrenico perchè non mi piace ma lo uso di brutto. Facebook è l’unico posto in cui riesco a vendere, più che Instagram. Ora per il crowdfunding del fumetto lo stiamo promuovendo tutto tramite social. Ho provato anche coi blog ma non hanno funzionato.
La produzione per me è sempre rimasta sulla carta, perchè è ciò che mi piace di più. Però mi è capitato di mettere un fumetto su un video e lanciarlo su un muro invece di leggerlo. Ho cercato di non farmi influenzare dai formati standard dei social. Mi piace recuperare le tavole, quindi hanno sempre forme irregolari, non si sposano bene coi formati dei social. Non credo che la mia produzione sia stata influenzata tanto dai mezzi digitali, giusto le proiezioni, portare la musica per musicare un quadro. Però ultimamente con la storia della pandemia il digitale è stato abbastanza totalizzante. Mi è piaciuto molto la cosa delle aste: sfruttare Instagram e Facebook in maniera efficace, ed è stato un collegamento personale con tanti artisti. A livello relazionale ha funzionato, per raccogliere i soldi ha funzionato e a livello promozionale pure.

In che modo la dimensione fisica e digitale interagiscono nella tua produzione artistica?

Si influenzano reciprocamente. E tecnicamente per la post produzione e la promozione ovviamente.