CAMILLA GUARINO

e GIUSEPPE COMUNIELLO

Qual è il vostro settore artistico? E scegliete tre parole che descrivono il vostro lavoro.

Trasmissione, contaminazione, apertura, curiosità, libertà, ricerca.

Camilla: il mio percorso è turbolento, inizia con la danza ma mi sono avvicinata alla drammaturgia e al testo per vedere se potevano interagire tra loro. Ricerca di audiodescrizione e drammaturgia: rendere in maniera poetica l’audiodescrizione di opere d’arte.

Giuseppe: il mio invece è un percorso casuale iniziato con Virgilio Sieni. Essendo curioso ho cercato di portare avanti un percorso mio parallelo, dove ho toccato diversi ambiti della danza ma in cui c’era una trasmissione del corpo che mi serviva praticamente per imparare la danza. C’è anche un interesse in creare qualcosa di visivo da parte mia, ho provato a dirigere un cortometraggio.

Quali sono le tematiche maggiormente affrontate nelle vostre opere? E quali figure o movimenti artistico-culturali ispirano ciò che fate?

Il quotidiano, la realtà e le interpretazioni che possono avere.

Camilla: Il teatro di immagine, Societas, Raffaello Sanzio, Chiara Guidi, Chiara Bersani, Alessandro Sciarroni, Castellucci (idolo del passato) , La teoria dello sfondo (Claudia castellucci).

Giuseppe: Sicuramente Virgilio Sieni perchè ho iniziato con lui. Ma come pensiero e visione artistica quello che mi incuriosisce, sono tutti quegli artisti che distruggono l’usuale senza portare in scena le navicelle spaziali. Quelli che distruggono la scena e la ricostruiscono in maniera inusuale, rarefatta, la sgretolano e la analizzano pezzo per pezzo.

Con quali spazi del territorio fiorentinovi  relazionate e qual è il rapporto che avete con altri artisti locali?

Camilla: Noi ci appoggiamo a 3 spazi fondamentali: Cango (due periodi di residenza); Murate; Florida Versilia Danza (che ci co-produce, ci hanno aiutato molto soprattutto durante la pandemia, ci hanno allungato i tempi di residenza visto che il debutto è saltato). Poi ci appoggiamo a Pisa, abbiamo fondato un’associazione culturale, ci appoggiamo al teatro nuovo di Pisa ma è una realtà completamente diversa.

Le nostre collaborazioni avvengono soprattutto fuori: Emilia Romagna… manca tanto per noi una rete, un contatto nel territorio.

Giuseppe: Per fortuna ho collaborato con molte realtà, ma non fiorentine. Fiorentine solo Virgilio. Sono sempre stato fuori dalla Toscana e all’estero con altri artisti. Recentemente con Agnese Lanza abbiamo fatto un progetto nei musei. Sfruttando i percorsi tattili all’interno dei musei abbiamo dato uno sguardo più artistico: abbiamo unito una performance con un laboratorio.

Che strumenti o materiali utilizzate?

Camilla: Siamo l’anti-tecnologia, ma paradossalmente nel nostro ultimo spettacolo c’è la video proiezione. Lo usiamo molto come ripresa, essendo un lavoro che vuole trasmettere ciò che già c’è, esiste e ha una sua autorialità, bisogna trasmettere qualcosa, bisogna quindi far capire questo punto di riferimento molto forte.

Qual è il vostro rapporto con il mezzo e lo spazio digitale? In che modo le vostre opere ne sono influenzate?

Camilla: Pessimo. I nostri spettacoli non sono pensati per questa tipologia di spazio. Io non sono nemmeno mai riuscita a vedere uno spettacolo in streaming, figuriamoci farlo! In più non ho le competenze per farlo. Abbiamo però provato a fare un laboratorio online sulla trasmissione e la tattilità. E comunque ci ha dato la possibilità di sperimentare nuovi modi di ricerca.

Giuseppe: Ci hanno proposto di fare lo spettacolo in streaming ma ci siamo rifiutati. Già nel teatro all’italiana secondo noi c’è troppa distanza, figurati in streaming.

In che modo la dimensione fisica e digitale interagiscono nella vostra produzione artistica?

Camilla: Ho molta ignoranza in questo ambito, devo approfondire perchè ci sono tante possibilità. Siamo ancora molto artigiani noi.

Giuseppe: Non è un caso che ci sia il digitale e che venga usato nell’arte, ma ci vuole una conoscenza da parte di chi lo mette in pratica e riguarda anche ciò che vuole dire e trasmettere. La critica che faccio a me stesso è che non credo di avere ancora i mezzi per comprenderlo, e quindi nemmeno i mezzi per farlo interagire con una dimensione fisica.